Avere talento. Qual è il senso oggi?
- Posted by ElenaSalvoni
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Che senso ha, oggi, il talento?
Per riflettere sul senso del talento oggi, prendo in prestito un frammento del libro “E venne chiamata due cuori” di Marlo Morgan, che dal Kansas si recò in Australia per intraprendere un programma di prevenzione sanitaria.
La Morgan racconta una parte dell’inaspettato viaggio che si ritroverà a vivere con una tribù aborigena che la condurrà ad una nuova visione di se stessa e dell’esistenza.
Buon non-compleanno…del talento
“Durante il viaggio ci capitò due volte di onorare con una festa il talento di qualcuno. Non c’è membro della tribù che non venga ritenuto degno di una speciale celebrazione, che però non ha nulla a che fare con l’età e il compleanno: è semplicemente un riconoscimento della sua unicità e del suo contributo alla vita“.
Il tempo secondo gli aborigeni
“Gli aborigeni (la vera gente) credono che il trascorrere del tempo abbia lo scopo di permettere alle persone di diventare migliori e più sagge, e di esprimere con efficacia sempre maggiore il loro essere. Così, se ora sei una persona migliore di quanto non fossi l’anno scorso, puoi annunciarlo ai tuoi compagni, e loro celebreranno i tuoi progressi”.
Contribuire al benessere
“Pensai ai miei connazionali, ai tanti giovani che brancolano privi di orientamento e di scopi, ai senzatetto convinti di non aver nulla da offrire alla società, ai disadattati che anelano a una realtà diversa da quella in cui viviamo. Avrei voluto portarli lì, perchè vedessero quanto poco ci vuole, a volte, per contribuire al benessere della propria comunità, e perchè imparassero a conoscere e ad assaporare il senso del proprio valore“. (Marlo Morgan)
Recuperare i rituali
La nostra cultura oggi è priva di quei rituali specifici che erano volti a concedere ai giovani il diritto di entrare a far parte del mondo degli adulti connettendosi con quell’energia che potremmo definire “il mondo degli uomini” o “il mondo delle donne” (J.L.Payne). Abbiamo perso riti di passaggio dall’infanzia all’età adulta, ma anche i riti del quotidiano come la domenica e il sabato, giorni del riposo; e le cerimonie collettive in grado di “salutare” (e di conseguenza chiudere), una stagione della vita: chiudo di fronte a tutti la giovinezza per passare alla vita adulta, chiudo la vita adulta per passare alla vecchiaia.
La celebrazione pubblica conferisce sacralità al momento di passaggio e sancisce il riconoscimento collettivo della nuova posizione sociale acquisita. E’ fondamentale che le persone vivano anche la fase appena prima del riconoscimento, quel momento di “rottura” tra la condizione passata e quella futura, un momento di crisi che porterà alla trasformazione dell’individuo.
“Queste persone hanno un unico scopo nella vita: l’armoniosa evoluzione personale all’interno della crescita collettiva. Ognuno prende un nome; non appena scopre il proprio talento punta le proprie energie all’accrescimento di questo per il bene e al servizio della comunità, lontano da motivazoni egoistiche. Così nel corso della vita il nome cambia seguendo il naturale corso della propria crescita”. Marlo Morgan
Scrivere questo articolo mi ha ricordato il brano
“Basta poco” di Ornella Vanoni
e la mia canzone “Un pò più umile”
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